domingo, 17 de janeiro de 2010

História 29- Italianos na Revolução Farroupilha – Especial Garibaldi (8)

O trágico naufrágio de Garibaldi e seus companheiro foi assim descrito pelo próprio comandante no livro de Alexandre Dumas: 



"Ecco come accadde la terribile calastrofe. Fino dalla sera, e dal momento della nostra partenza il vento di mezzogiorno già minacciava , ammassando le nubi e soffiando con violenza. Si correva lungo la costa, il Rio Pardo, aveva a bordo, come già dissi una trentina d' nomini, un 'pezzo da dodici posto sul pernio, una quantità di casse, ed un'ammasso di oggetti di ogni specie, e tutto ciò per precauzione, non potendo calcolare quanto tempo sarebbemo rimasti in mare, né qual punto si sarebbe approdati, e quali sarebbero state le condizioni nelle quali ci potevamo ritrovare al momento del nostro approdo dirigendoci verso un paese nemico.

Il bastimento era dunque sopraccaricato, e per conseguenza trovavasi spesso inferamente ricoperto dalle onde, cbe di minuto in minuto crescevano col vento e qualche volta minacciavano di tutto inghiottire. In allora decisi di approssimarmi alla costa, e se mi fosse slato possibile , prender terra in quel punto di spiaggia che più sarebbe stato accessibile. Il mare però che ad ogni istante andava ingrossando non permise di potere scegliere la posizione che meglio ci conveniva; fummo ricoperti da un' onda terribile che ci rovesciò complètamente sulla costa.

In quell'istante mi trovavo sulla maggiore altezza dell'albero di trinchetto, da dove speravo di potere scuoprire un passaggio traverso gli scogli, ma in quel momento il landone piegò a sinistra del bordo e venni lanciato a un trenta piedi disiante.

Quantunque mi trovassi in una ben trista posizione ed assai pericolosa, la fiducia che io aveva nella mia forza come nuotatore, faceva in modo che per nulla affatto pensasse alla morte ; ma però avendo con me alcuni compagni che non essendo marinari, gli avevo veduti pochi momenti avanti coricati sul ponte e mezzi estinti dal mal di mare, invece di nuotare verso la costa, mi occupai di radunare una parte degli oggetti che per la loro leggerezza sembravano adatti a restare sulla superficie dell'acqua, e spingendoli verso il bastimento, gridavo ai miei compagni di gettarsi essi stessi in .mare, agguantare qualche oggetto e procurare di giungere alla piaggia che pure era lungi da noi circa un miglio.

II bastimento era all'ondalo., ma l'alberatura lo manteneva dalla parte sinistra fuori dell'acqua. 11 primo che vidi era rimasto aggrappato alle sarchie e questi era Edoardo Mateo, uno dei miei migliori amici, spinsi verso di lui un'avanzo del portello raccomandandogli di non abbandonarlo. Era costui in via dì salvezza , allora gettai lo sguardo sul bastimento.

La prima cosa che vidi, o per meglio dire la sola cosa che potei scorgere, fu il mio caro e coraggioso Luigi Carniglia; questi era al timone nel momento della disgrazia ed era avuto agguantato al bastimento dalla parte di pojipa verso la parte del vento, ma per maggiore sventura aveva in quello istante una giacchetta di panno grossolano, e non aveva rimasto il tempo di levarsela, che tra le altre cose gli stringeva in modo tale le braccia che gli restava impossibile di potere nuotare. Me lo indicava urlando, mentre io mi dirigeva verso di lui. — Procura di tenerti ben fermo, io gli risposi e vengo in tuo soccorso.

Ed in fatti, rimontando sul bastimento come può farlo un gatto, giunsi tino a lui, mi attenni con una mano allo sporto, e con l'altra, togliendo dalla mia tasca un piccolo coltello che disgraziatamente tagliava male, mi posi a stracciare il bavero e il di dietro della giacchetta, ancora un momento di più, con un nuovo sforzo ero giunto a liberare il disgraziato Carniglia, da questo suo impaccio, ma volle il destino che un terribile col pò di mare ci ricuoprisse entrambi, mettesse in pezzi il bastimento e gettasse in mare tutti coloro che ancora restavano a bordo, — Carniglia fu tra questi e più non ricomparve ! In quanto a me, mi trovai lanciato nel fondo del mare come un projettile, ricomparvi alla superficie dell' acqua, tutto sbalordito ma in mezzo però a tale sbalordimento avevo ferma un' idea, cioè procurare di soccorrere il mio caro Luigi.

Nuotai dunque tutt'atlorno alla carcassa del bastimento chiamando l'amico a grandi grida, in mezzo al fischiare della tempesta ed al rumoreggiare dell'Oceano, ma Luigi però più non rispondeva; era stato inghiottito dalle onde e per sempre, e ad onta di tutto il mio zelo non potei fare altrettanto per quel mio buon compagno e fratello che mi aveva salvalo la vita alla Piata ! Nel momento in cui abbandonavo il pensiero di recare soccorso a Carniglia, rivolsi di nuovo lo sguardo intorno a me. Fu una vera grazia d'Iddio senza dubbio, ma ini questo momento di agonìa per tutti non dubitai un solo istante per la mia salvezza, di maniera che potei occuparmi per la salvezza degli altri.

Allora i miei compagni mi apparvero dispersi e notanti verso la spiaggia, separati gli uni dagli altri secondo la loro abilità e la loro forza. Gli raggiunsi in un' istante e gettando ad essi un grido d'incoraggiamento gli sopravanzai, e mi trovai ad essere uno dei primi, se non del tutto il primo a traverso gli scogli, tagliando enormi ondale, alte quanto delle montagne.

Raggiunsi la riva. 11 dolore immenso per la perdita del mio povero Carniglia, rendendomi affatto indifferente sulla propria miasortè ini dava invece una forza invincibile. Appena ebbi posto piede a terra, mi voltai preso da una nuova speranza, quella cioè che forse avrei rivisto Luigi. Interrogai con lo sguardo, le une dopo le, altre quelle figure spaventate, ricoperte ad ogni istante dalle onde, ma Carniglia più non era. Gli abissi dell'Oceano non me lo avevano voluto rendere.

Allora rividi Odoardo Mateo, colui che dopo Carniglia mi era il più caro, quello al quale avevo respinto un frammento di portello, rao comandandoli di attaccarvisi con tutte le sue forze. Senza dubbio la violenza del mare gli aveva tolto l'oggetto dalle mani, nuotava ancora, ma sfinito e convulso ai suoi movimenti indicava benissimo a quale estremità fosse ridotto. ... dissi quanto io lo amasse ; era questi il secondo fratello del mio cuore che andavo a perdere in quella giornata, e per un'istante non volli restare vedovo di tutto ciò che più avessi caro nel mondo.

Spinsi nel mare alcuni avanzi del bastimento clic mi avevano ajutato a raggiungere la riva, e ini slanciai in mezzo alle onde e con una profonda indifferenza tornai a cercare di nuovo quel pericolo dal quale ero appena appena sfuggito. In pochi minuti non ero che alcune braccia distante daOdoardo ed allora gridai:— Tieni fermo ! coraggio eccomi ! io ti porto la vita. Vana speranza, inutili sforzi? nel momento in cui spingevo verso di lui 1' unica ancora protettrice, egli affondò e disparve.

Gettai un'orribile grido, abbandonai il mio sostegno e mi tuffai di nuovo. Però non trovando il mio povero amico, pensai che forse poteva essere tornalo alla superficie dell'acqua; vi tornai ! nulla ! Mi tuffai di nuovo, e nuovamente ricomparvi, mandavo gli stessi gridi disperati come per Carniglia; ma come per Carniglia, tutto fu inutile.

Gli abissi dell' 0ceano avevano del pari inghiottito Odoardo Mateo il quale non aveva avuto timóre di sfidare quell'elemento^ per venirmi raggiungere e conservarsi alla difesa dei popoli. Ecco dunque un nuovo martire per la Libertà Italiana, che non avrà né la sua tomba né la sua croce !

I cadaveri di sedici annegali che contammo in questo disastro, fedeli compagni, per tutta la loro vita, delle mie avventure, inghiottiti dal mare, furono da questo e dalle correnti respìnti e trasportati a più di trenta miglia distanti verso il nord. Tra i quattordici che avevano sopravvissuto, e che per miracolo trovàvansi ad avere raggiuntola spiaggia, cercai tra loro un viso amico : invano!, un tipo italiano ! invano ! Non uno era scampato : ed i sei italiani che mi accompagnavano erano morti : morti tutti : Carniglia , Mateo, Stradermì, flavone, Giovanni... del sesto non rammento il nome.

Domando perdono alla patria di averlo dimenticato, e so di scrivere tutto questo dopo dodici anni di tempo, conosco pur troppo che durante questo tempo ben' altri avvenimenti assai più terribili di quelli che ho descritti ha sofferto V anima mia ed hanno trascorso la mia vita , rammento benissimo di avere veduto cadere una nazione., di avere tentato invano di difendere una città ; di stato perseguitalo, esiliato, imboscato come una bestia feroce ; di avere deposto nella tomba la donna che era divenuta il cuore del mio cuore,, ed appena averne ricoperto l'ultimo suo asilo, ero obbligato a fuggire come quei dannati descritti da Dante che camminavano dinnanzi a lui., ma con la testa stravolta in addietro senza avere più asilo.

Conosco che dall' estremo punto dell' Affrica ho rimirato questa Europa che mi respinge come un bandito ! me . . . che non ho mai avuto che un solo pensiero, che un solo amore, una sola afflizione ... la Patria. Sì, è vero, conosco tutto questo, ma non è però men vero che dovevo rammentarmi questo nome. Ohimè ! non lo rammento più !".

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